È legittimo il recesso del datore dal contratto aziendale e il conseguente mancato riconoscimento degli emolumenti aggiuntivi dallo esso previsti. Sono, infatti, intangibili i soli diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, già entrati nel loro patrimonio quale corrispettivo di una prestazione già resa, e non anche le mere aspettative sorte sulla base della precedente più favorevole regolamentazione (Corte di Cassazione, Sentenza 11 maggio 2022, n. 14961). La vicenda I giudici di Appello, accogliendo le opposizioni proposte dalla società datrice di lavoro avverso i decreti ingiuntivi ottenuti da alcuni lavoratori nei confronti della stessa, avevano ritenuto non dovuto il pagamento, in favore di tali lavoratori, di emolumenti retributivi aggiuntivi, previsti da un accordo collettivo aziendale dal quale la società aveva dichiarato di voler recedere. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i lavoratori, sostenendo l’illegittimità o inefficacia del recesso datoriale rispetto a diritti accessori e prestazioni integrative con carattere di diritti quesiti non suscettibili di modifica nel tempo. La pronuncia della Corte Sul punto la Corte di legittimità ha richiamato il consolidato indirizzo in tema di recesso dal contratto aziendale, il quale prevede che il contratto collettivo privo di un termine di efficacia non possa vincolare indefinitamente tutte le parti contraenti. Di conseguenza a tale contratto si applica la regola secondo cui il recesso unilaterale comporta l’estinzione di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, ed è previsto al fine di evitare, nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto, il carattere perpetuo del vincolo.
Secondo quanto rilevato dai giudici, difatti, con riguardo ai contratti aziendali, il singolo datore di lavoro può operare il recesso unilaterale, il quale estingue qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, come nella fattispecie, in cui il contratto aziendale aveva un termine di durata ma era stato applicato spontaneamente dalle parti dopo lo scadenza del termine stesso. Tale contratto, non sussistendo la rinnovazione tacita, era da considerare, dunque, a tempo indeterminato.
La mancata corresponsione degli emolumenti aggiuntivi previsti dal richiamato contratto aziendale non dava luogo, pertanto, alla violazione del principio costituzionale della giusta retribuzione, comprendente solo la retribuzione base integrata dalla indennità di contingenza e non anche gli emolumenti aggiuntivi.
Ne consegue che, in caso di disdetta del contratto aziendale, quale quello del caso in esame, i diritti dei lavoratori, derivanti dalla pregressa disciplina più favorevole, sono intangibili solo se siano già entrati nel patrimonio di questi, come corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita, e non anche quando corrispondano a mere aspettative sorte in ragione della precedente più favorevole regolamentazione.