Se nell’esercizio dell’attività lavorativa si instaura, con il consenso del preposto, una prassi contraria alle disposizioni di legge, causa di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, il datore di lavoro che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, deve rispondere dell’infortunio occorso (Corte di Cassazione, Sentenza 11 aprile 2022, n. 13720). La Corte d’appello territoriale ha confermato la condanna del datore di lavoro per il reato di lesioni colpose commesse con violazione delle norme antinfortunistiche.
Il predetto datore, in particolare, era ritenuto responsabile di avere tollerato la prassi, diffusa all’interno dello stabilimento lavorativo, per la quale gli operai sforniti di apposito titolo abilitativo si ponevano alla guida di carrelli elevatori.
Nel caso in esame uno degli operai alle dipendenze della società, non in possesso di titolo abilitativo e sprovvisto di formazione sull’uso dei carrelli elevatori, in un momento di pausa della lavorazione, approfittando dell’assenza momentanea del carrellista, metteva in moto il muletto per spostarlo e, premendo inavvertitamente il pedale dell’accelleratore, colpiva il piede di un altro dipendente, fermo vicino al mezzo, causandogli lesioni gravissime.
Avverso la pronuncia di condanna ha proposto ricorso per cassazione il datore, sostenendo, in particolare, di essere a capo di una struttura complessa, articolata in più cantieri, anche distanti tra loro e che, pertanto, vi fossero anche altre persone deputate alla direzione e alla vigilanza e che nei turni a squadra vi fosse almeno un carrellista abilitato.
Tali circostanze, secondo il ricorrente, dovevano indurre a concludere che non vi fosse, all’interna dell’azienda, una prassi pericolosa, peraltro tollerata dalla dirigenza.
L’accertata osservanza delle norme antinfortunistiche e la presenza di figure intermedie qualificate preposte a vigilare avrebbe, in sintesi, dovuto indurre la Corte di merito a giungere ad una sentenza di assoluzione nei confronti dello stesso datore.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto ha ritenuto provata, sulla base delle testimonianze dei dipendenti che hanno riferito sul punto, l’esistenza di una prassi pericolosa tollerata dalla dirigenza ed ha, altresì, ritenuto applicabile al caso in esame il principio secondo cui è preciso compito del datore di lavoro controllare che i preposti, nell’esercizio dei compiti di vigilanza, si attengano alle disposizioni di legge; per tale ragione, qualora nell’esercizio dell’attività lavorativa si instauri, come nel caso in esame, con il consenso del preposto, una prassi operativa contraria alla legge, potenzialmente causa di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, il datore di lavoro che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, deve rispondere dell’infortunio occorso.